Metti una domenica a pranzo nel ferrarese, la voglia di mangiare bene, perché si sa, il pranzo della domenica è sacro.
Il nostro ristorante inizia ad accogliere le prenotazioni, che si fanno via via sempre più numerose, molto numerose, troppo numerose. I posti disponibili terminano in fretta, ma non riusciamo a dire di no ai nostri clienti e di conseguenza aggiungiamo un turno in modo da poterli accogliere tutti. Se prima le prenotazioni erano troppo numerose, ora vogliamo dimenticarci di quel numero, non dobbiamo farci prendere dall’agitazione.
Laviamo e puliamo la sala, accendiamo i fornelli in cucina, controlliamo che tutto sia in ordine, stendiamo le tovaglie, apparecchiamo e ci prepariamo ad aprire le porte.
Ci sono sempre quei 5 minuti di silenzio che precedono l’entrata di qualcuno che creano una piacevole suspense, quasi come quando a casa si aspetta da tempo un amico o un familiare che suoni alla porta.
Il primo cliente che mette piede all’interno del ristorante diventa l’arbitro che suona il fischio di inizio.
Da lì in poi, si inizia a giocare.
La sala si riempie sempre di più, le comande iniziano a moltiplicarsi, gli inafferrabili camerieri sembrano quasi volteggiare, come ballerini, tra i tavoli e le richieste dei commensali.
“Un’altra bottiglia d’acqua per favore”, “Scusi dove si trova la toilette?”, “Il conto per favore”, “Un’altra bottiglia di vino, grazie”.
Nel frattempo la nostra stagista ci guarda attonita e cerca di seguirci e ascoltarci. Con ammirazione cerca di apprendere quanto più possibile, non credendo a quanto sia possibile e fattibile.
Ci sono regole non dette, men che meno scritte, che chi lavora in questo settore ci tiene sempre a rispettare.
Per esempio, il signore col maglioncino verde al tavolo 4 viene sempre qui per ordinare il suo piatto preferito, e qualora non fosse in menù, troveremo comunque il modo di riuscire a prepararglielo.
ll cameriere ha la fortuna di entrare in una sorta di intimità con i propri clienti, si crea una specie di velata fiducia, perché il cliente seduto al tavolo è vulnerabile e lui in te “cameriere” vede il suo consigliere fidato.
La signora bionda al tavolo 6, con l’abito nero, invece, sappiamo che preferisce l’acqua fuori frigo e le mettiamo un’aggiunta di streghe nel cestino
del pane, perché sappiamo che le piacciono molto.
In quel momento, se potessimo, faremmo i più grandi favori alle persone solo per la soddisfazione di farle sentire bene, a loro agio ed entusiaste.
E per sentirci bene anche noi.
E perché l’ospitalità è un arte che amiamo praticare.
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